Quando si naviga sul web e si comunica attraverso i social occorre stare attenti: quando scatta il reato di diffamazione e cosa comporta.
Navigare sul web è diventato sempre più complicato. Nel corso degli anni, infatti, anche la navigazione web, un’attività che fino a pochi decenni fa non esisteva, è stata sottoposta a continue e scrupolose normative, le quali via via si sono fatte sempre più ampie e minuziose. In pratica, il codice penale della vita reale è stato trasportato e applicato anche per la vita virtuale, in modo tale da fornire una maggiore protezione agli utenti, garantendo gli stessi diritti che si hanno nella quotidianità , quella vera.
Sul web, soprattutto sui social, affidiamo la nostra identità , la quale deve essere verificata. Se nei primi anni di Internet si riusciva a ingannare il web falsificando le proprie generalità , i meccanismi sono diventati sempre più complessi e soprattutto trasparenti. E così, gli utenti che navigano in rete e comunicano sui social sono obbligati a fornire dati personali autentici, quindi a fornire la propria identità . Uno strumento di trasparenza, ma che comporta maggiori responsabilità .
Scrivere sui social e comunicare con gli altri utenti è una comodità incredibile, in grado di avvicinare il mondo intero, di far sentire tutti quanti parte di una comunità unita. Eppure, una maggiore trasparenza significa anche avere una maggiore responsabilità , e di conseguenza maggiori sono i rischi che si corrono, poiché si risponde in prima persona in caso di reato. Il reato più comune, interagendo tramite social, è quello di diffamazione.
Il reato di diffamazione è in costante aumento, se negli anni precedenti alcune esternazioni erano maggiormente tollerate, oggi non è più così. Una soluzione giusta per punire chi offende, e anche un’arma contro il cyberbullismo, una piaga sempre più diffusa nella nostra società . Oggi, offendere la reputazione altrui è punibile dalla legge, nella vita reale così come nella vita virtuale.
La diffamazione online comporta una multa che va da 500 euro, se lieve, tra i 5 mila e i 15 mila euro, se di modesta gravità , e raggiunge i 50 mila euro se ha risonanza mediatica, quindi è di ampia gravità . Inoltre, si paga con una reclusione che va dai sei mesi fino ai tre anni. Insomma, occorre stare attenti a come ci si comporta e a quello che si scrive online.
Se si offende qualcuno in rete, la vittima si può costituire parte civile nel processo penale e chiedere un risarcimento. Altrimenti, la vittima può richiedere un risarcimento proponendo un autonomo giudizio civile. Calcolare i danni di un’offesa sul web non è semplice.
Prima di tutto, occorre presentare al proprio avvocato le frasi incriminate, le quali devono essere volutamente offensive, volte a denigrare l’altra persona. La libertà di espressione è soggetta a dei limiti, che non bisogna superare. Tuttavia, la diffamazione scatta solo in assenza del diretto interessato.
Ovvero, se si sta discutendo animatamente con l’altra persona, e questa può replicare, la diffamazione non sussiste. Dunque, la parte offesa non deve essere presente nel momento dell’offesa. Inoltre, sul web si necessita di almeno due testimoni, che possono essere gli altri utenti. La diffamazione si punisce per via penale, sporgendo querela, o per via civile.
Le prove concrete per la denuncia sono le testimonianze e gli screenshot. I danni che si possono risarcire sono patrimoniali, ossia se la vittima perde dei clienti a seguito dell’offesa subita, danni biologici, se la vittima subisce angherie di natura fisica o psicologica, e danni morali, se la vittima perde reputazione. Ovviamente, i danni subiti devono essere provati, magari con una perdita sociale o professionale, introiti perduti e così via.
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