Sono cambiate le procedure per il pignoramento delle pensioni, come stabilito dalle disposizioni introdotte dal Decreto Riscossione ed in vigore dal 1°gennaio.
Attraverso il Decreto Riscossione (D.Lgs. n. 110/2024), sono state introdotte delle novità che riguardano le procedure di pignoramento delle pensioni. Le nuove norme serviranno ad accelerare le tempistiche per il provvedimento atto al recupero delle somme dovute.
L’Agenzia delle Entrate, nello specifico, non sarà più tenuta ad inviare una cartella esattoriale preventiva al contribuente per segnalare il pignoramento. Questo nuovo meccanismo, però, sarà valido solo per il mancato pagamento di specifiche imposte e non per tutti i debiti con il Fisco. Vediamo nel dettaglio come funzionerà la procedura in vigore già dal 1° gennaio scorso ed introdotta dal Decreto Riscossione.
Ad agosto dello scorso anno è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Riscossione che ha introdotto nuove misure in materia di riordino del sistema nazionale della riscossione. Oltre al nuovo piano di rateizzazione per le cartelle esattoriali, sono state stabilite anche delle norme per quanto riguarda il pignoramento delle pensioni.
Nello specifico, come scrivono i colleghi di Money.it, l’Agenzia delle Entrate non sarà più tenuta ad inviare una cartella esattoriale preventiva che in precedenza veniva inoltrata per segnalare il pignoramento al debitore. Dal 1° gennaio 2025 basterà il solo accertamento esecutivo per far scattare la procedura entro 60 giorni dalla notifica. Non solo, trascorsi i 30 giorni dalla scadenza del pagamento, il Fisco potrà già procedere con il pignoramento delle pensioni.
Bisogna sottolineare che la nuova procedura, che non prevede più la comunicazione preventiva per il recupero delle somme dovute, non interesserà la totalità delle cartelle esattoriali affidate all’Agente della riscossione.
Nel dettaglio, il nuovo meccanismo sarà valido solo per il mancato pagamento di determinate imposte, come quella di successione, di registro e della pubblicità, ma anche per debiti relativi a Irpef, Imu, Tari e agevolazioni non spettanti.
Nessuna variazione, invece, per quanto concerne i limiti del pignoramento. Il provvedimento, per i debiti non con il Fisco, non può superare il 20% dell’importo eccedente il minimo vitale che equivale al doppio dell’Assegno sociale, ovvero circa 1.077 euro per il 2025 (l’importo viene aggiornato annualmente).
Per i debiti con il Fisco, invece, i limiti cambiano e la parte di pensione che può essere pignorata varia in base all’importo percepito mensilmente dal contribuente: 1/10 della parte eccedente al minimo vitale se la prestazione non supera i 2.500 euro al mese; 1/7 se è compresa tra 2.501 euro e 5mila euro al mese; 1/5 per assegni superiori ai 5mila euro mensili. Facendo un esempio, su una pensione di 1.800 può essere pignorata una cifra non superiore ai circa 72 euro: questo valore si ricava sottraendo il minimo vitale (1.077 euro) all’assegno ed il risultato poi diviso per 10, essendo la pensione non superiore a 2.500 euro al mese.
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